Nel 1959 iniziò a farsi sentire tra i Fratelli Cottolenghini l’esigenza dell’approvazione canonica della loro piccola comunità, cioè del riconoscimento di diritto pontificio, a livello di Chiesa universale. Fratel Luigi, discreto ma deciso, sosteneva questo cammino con la preghiera e lo spirito di sacrificio. Egli accompagnò più volte il superiore assistente a Roma per le udienze presso la Sacra Congregazione. Le trattative per l’approvazione si protrassero per alcuni anni.
Il 30 aprile 1965, solennità di san Giuseppe Cottolengo, fu pubblicato il decreto di approvazione di Papa Paolo VI e si approvarono le Costituzioni.
I confratelli esultarono per l’evento, e fratel Luigi in ringraziamento prolungò i suoi tempi di adorazione dinanzi al tabernacolo nella Cappella della comunità.
Nel gennaio 1966, a seguito dell’approvazione pontificia, fratel Luigi, insieme a ventisei confratelli, emise i voti perpetui di povertà, castità e obbedienza. In quell’anno fratel Luigi fu anche nominato vicario generale della Congregazione: a lui fu affidato il compito di organizzare il noviziato, il provandato, l’aspirantato e le comunità locali dei Fratelli dislocate nelle succursali della Piccola Casa.
Le riunioni a cui fratel Luigi doveva partecipare si susseguivano con ritmo incalzante, quasi sempre la sera, al termine di una giornata di lavoro pesante. «Il parere di fratel Luigi sull’argomento in discussione era sempre un ragionamento pieno di buon senso, pratico e convincente, anche se fatto di parole comuni – ricordava il consigliere generale fratel Benedetto Peschiera –. Benché rotto di fatica, non reclamava mai anche se finalmente a letto non riusciva più a prender sonno per l’agitazione. Il mattino seguente era ancora sempre il primo alla levata».

Nuovi incarichi

Conoscendo bene le doti umane, l’intelligenza e la fede di fratel Luigi, i superiori continuavano ad affidargli ruoli importanti: prima lo incaricarono di svolgere compiti riservati e delicati, poi lo invitarono a partecipare ai lavori per il rinnovamento richiesto dal Concilio Vaticano II.

Al termine degli anni ’60, quando fu realizzata la riforma sanitaria, e la Piccola Casa dovette passare dalla gestione privata e volontaristica a quella convenzionata con l’ente pubblico, fu chiesto a fratel Luigi di collaborare allo studio del problema. Con equilibrio e saggezza, fratel Luigi seppe attenuare i contrasti tra posizioni estreme, guidando la transizione senza snaturare la finalità principale di questa struttura: il servizio di assistenza sanitaria alle categorie popolari e disagiate. Continuava a privilegiare i bisogni emergenti e le difficoltà scoperte.

Allo stesso modo trattava i medici volontari e quelli dipendenti; con la medesima affabilità e disponibilità parlava con tutti. Testimoniò il dottor Chiaffredo Bussi:

Fratel Luigi mi ha insegnato a non disperare mai, a essere paziente sempre, ad essere più buono, più caritatevole, anche se non mi ha mai fatto una predica. (…). Fratel Luigi era sempre buono con tutti. Non leziosità o gentilezze inutili, ma l’essenziale, un profondo senso di bontà che rassicurava particolarmente quando il malato si aggravava. Luigi comunicava la serenità di cui i malati e gli stessi medici hanno bisogno. La sua missione è proprio stata quella di trasfondere fiducia e bontà.

Nel gennaio 1972 fratel Luigi fu eletto superiore locale della Casa madre, dove viveva e operava la maggior parte dei Fratelli e dove aveva sede il postulantato e il noviziato. Lui, che non era abituato a pronunciare lunghi discorsi, guidava i confratelli soprattutto con la sua vita, con il suo esempio di uomo di preghiera, povero, laborioso e generoso.