Il ritorno a Castellinaldo

Il ritorno a Castellinaldo non era solo affidato ai desideri: era oggetto di preghiera e di un voto. Lo ha narrato il fratello Risbaldo e si riferisce al periodo del davai, la lunga marcia che portò i giovani alpini fino ai luoghi della loro prigionia.
Una notte, particolarmente fredda, due alpini, Andrea Bordino e suo fratello Risbaldo, furono costretti a pernottare all’addiaccio, avvolti solo da una coperta. Si sentivano perduti, non avevano più le forze per reggersi in piedi, e quindi si distesero sulla neve, avvinghiati l’uno all’altro. Erano stanchissimi, ma il timore di morire congelati li teneva svegli. Per contrastare il sonno, Andrea propose al fratello di recitare il Rosario. Poi aggiunse:

Se sopravviviamo a questa notte e ritorniamo in famiglia, promettiamo di costruire un pilone alla Consolata, davanti alla nostra casa di Castellinaldo, e tutte le domeniche andremo a recitarvi il Rosario.

Sorpreso dall’inaspettata proposta, il fratello rimase per un attimo in silenzio e poi rispose: «D’accordo per il pilone, ma ho paura di non farcela a recitare il rosario tutte le domeniche». «Facciamo voto solo per il pilone».
All’alba, quando la luce iniziò ad illuminare il paesaggio, si ritrovarono circondati di morti, tra i cento e i duecento cadaveri. Andrea e Risbaldo erano sopravvissuti.
Andrea si convinse che il voto dovesse essere adempiuto, ma comprese anche che la salvezza ottenuta non era un dono che poteva godere da solo. E Andrea divenne un dono per gli altri.